«Oggi celebro l’Eucaristia con un calice artistico che Sciascia ebbe in omaggio e che con gesto delicato volle affidarmi, perché fosse destinato alla celebrazione eucaristica in questo santuario della Madonna del Monte».
È la tarda mattina del 22 novembre del 1989. Il vescovo di Agrigento Carmelo Ferraro sta celebrando a Racalmuto i funerali di Leonardo Sciascia, pensatore laico ed eretico, morto all’alba del 20 novembre. La chiesa del paese dov’era nato nel ’21 è stracolma. Tutti sorpresi dalle parole del vescovo e dalla notizia di quel dono che lo scrittore fece otto mesi prima quando andò a trovarlo ad Agrigento.
«Oggi celebro l’Eucaristia con un calice artistico che Sciascia ebbe in omaggio e che con gesto delicato volle affidarmi, perché fosse destinato alla celebrazione eucaristica in questo santuario della Madonna del Monte».
È la tarda mattina del 22 novembre del 1989. Il vescovo di Agrigento Carmelo Ferraro sta celebrando a Racalmuto i funerali di Leonardo Sciascia, pensatore laico ed eretico, morto all’alba del 20 novembre. La chiesa del paese dov’era nato nel ’21 è stracolma. Tutti sorpresi dalle parole del vescovo e dalla notizia di quel dono che lo scrittore fece otto mesi prima quando andò a trovarlo ad Agrigento.
«Con questo calice mi piacerebbe che Sua Eccellenza dicesse messa nella mia chiesa di Racalmuto. E io quel giorno ci sarò», scrisse nel biglietto che accompagnava il regalo, per lunghi anni rimasto confuso tra calici, ostensori e crocifissi in antichi armadi da sacrestia. Ripescato recentemente da don Carmelo La Magra, dinamico parroco prima a Lampedusa e da due anni arciprete di quelle parrocchie di Regalpetra che Sciascia raccontò negli anni Cinquanta per farne metafora della Sicilia e del mondo. E a Racalmuto/Regalpetra, in questi luoghi sciasciani sempre più ricercati da turisti e viaggiatori, si conserva intatto quel calice donato da un maestro del dubbio alla Madonna del Monte che si venera dal 1503 nella grande chiesa scelta per i suoi funerali, accanto alla casa dov’era cresciuto con le zie leggendo Manzoni e gli illuministi francesi.
«Un calice che Sciascia ebbe in dono», ricorda oggi il novantenne monsignor Ferraro. «Si usava allora regalare oggetti sacri – racconta al telefono – e quando venne a trovarmi ad Agrigento col comune amico Filippo Chiappisi decidemmo assieme che sarei andato nella chiesa del Monte, alla quale Sciascia era legato, per celebrare messa. Ma il tutto non poté avvenire perché lo scrittore morì».
«Glielo regalò un editore siciliano», racconta per la prima volta Chiappisi, amico di Sciascia, allora vicequestore di Agrigento. Fece lui da tramite per far incontrare monsignor Ferraro, che era arrivato pochi mesi prima ad Agrigento dalla diocesi di Patti, con lo scrittore. Avendolo saputo fu invece Sciascia che da Racalmuto andò al vescovado assieme a Chiappisi, al suo caro amico di contrada Noce Carmelino Rizzo e all’arciprete del paese Alfonso Puma, suo lontano parente.